Il patto di famiglia è un istituto introdotto nel codice civile nell'anno 2006 (artt. 768-bis e seguenti del Codice Civile).
Esso è un contratto (da stipularsi con atto pubblico) con cui l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più suoi discendenti (d'ora in avanti: "assegnatari").
A tale contratto devono altresì partecipare il coniuge dell'autore del suddetto trasferimento e tutti coloro che sarebbero suoi legittimari ove in quel momento si aprisse la sua successione (d'ora in avanti: "non assegnatari").
Il disponente ovvero gli assegnatari devono corrispondere ai non assegnatari (salvo che costoro vi rinunzino in tutto od in parte) una somma di denaro ovvero beni di valore corrispondente a quello della quota di legittima che a costoro spetterebbe sull'azienda o sulle partecipazioni societarie assegnate: si tratta, in sostanza, della liquidazione delle loro spettanze.
A seguito della stipula di tale contratto, quando si aprirà la successione del disponente non sarà più possibile impugnare per lesione di legittima le attribuzioni da egli effettuata nel medesimo, salvo che in un caso: quello in cui in epoca successiva alla stipula vengano ad esistenza ulteriori legittimari (si pensi all'ipotesi in cui il disponente si sposi ovvero abbia un ulteriore figlio), i quali potranno quindi pretendere anch'essi la liquidazione delle loro spettanze sull'azienda o sulle partecipazioni societarie assegnate.
Il patto di famiglia consente dunque di realizzare un duplice obiettivo:
prevenire eventuali liti ereditarie e la disgregazione di imprese "di famiglia";
evitare che tali beni pervengano a soggetti inidonei ad assicurare la continuità gestionale delle stesse.
Esempio: Tizio, coniugato con Tizia, dalla quale ha avuto i tre figli Caio, Sempronio e Mevio, è titolare di una partecipazione sociale pari al 90% della Alfa s.p.a. ed il cui valore è di euro 6.000.000
Tizio, essendo ormai giunto ad un'età avanzata ed avendo individuato in Caio il figlio idoneo a proseguire l'impresa di famiglia, stipula con la moglie ed i tre figli un patto di famiglia del seguente tenore:
Tizio trasferisce a Caio la partecipazione sociale;
Tizio liquida le spettanze dei non assegnatari versando alla moglie Tizia la somma di euro 1.500.000 ed ai due figli Sempronio e Mevio la somma di euro 1.000.000 ciascuno (nel caso di specie, infatti, la legittima del coniuge è pari ad 1/4 e quella dei due figli è pari ad 1/6 ciascuno, il cui valore si calcola avuto riguardo al valore della partecipazione sociale assegnata).
Alla morte di Tizio, nessuna impugnazione per lesione di legittima sarà possibile in relazione alle prestazioni sopra descritte, salvo l'improbabile caso della sopravvenienza di ulteriori legittimari (se ad esempio, dopo la stipula, sopravvenisse un ulteriore figlio di Tizio, poiché la legittima di ciascuno dei quattro figli diverrebbe pari ad 1/8, tale ulteriore figlio avrebbe diritto di ricevere la somma di euro 750.000, al pagamento della quale sarebbero tenuti in solido la vedova del de cuius ed i suoi tre figli che sottoscrissero il contratto.
Non vi sono dubbi sull'utilizzabilità di un trust in combinazione con un patto di famiglia.
In tal caso, il passaggio generazionale all’interno dell’impresa, oltre a poter contare sul noto effetto protettivo prodotto dal trust, risulta particolarmente efficace, consentendo al disponente di differire l'attribuzione dell'azienda o delle partecipazioni sociali al soggetto-Beneficiario Finale prescelto (si pensi al caso in cui l’imprenditore voglia “saltare” una generazione e beneficiare nipoti che, all’epoca dell’atto istitutivo siano ancora minori) ad un momento successivo (quello della cessazione del trust, giunto il quale il trustee le trasferirà a tale soggetto).
Nel frattempo, inoltre, il trustee potrà fare in modo che il Beneficiario Finale acquisisca ulteriore esperienza all'interno dell'impresa, ad esempio inserendolo all'interno dell'organo amministrativo.
Non va infine trascurato che tale operazione, se correttamente strutturata, gode di un trattamento fiscale assai agevolato, in quanto:
l'art.3 comma 4-ter del Decr. Lgs. 346 del 1990 (T.U. sulle imposte di successione e donazione) così dispone "I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia...a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. In caso di quote sociali e azioni..., il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è' acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività' d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso";
tale esenzione viene ribadita dalla Circolare 48/E del 6/8/2007, al paragrafo 5.2;
la Risoluzione 110/E del 23 aprile 2009 indica dettagliatamente quale dev'essere il contenuto di un siffatto trust per godere di detta esenzione, così disponendo: "Le condizioni previste dalla norma esentativa possono ritenersi soddisfatte qualora:
il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni a decorrere dalla stipula dell’atto che comporta la segregazione in trust della partecipazione di controllo o dell’azienda;
i beneficiari finali siano necessariamente discendenti e/o coniuge del disponente;
il trust non sia discrezionale o revocabile, vale a dire, ad esempio, che non possono essere modificati dal disponente o dal trustee i beneficiari finali dell’azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
il trustee deve proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento (individuabile nell’atto segregativo dell’azienda e/o delle partecipazioni) e, a tal fine, deve rendere, contestualmente al trasferimento, apposita dichiarazione circa la sua volontà di proseguire l’attività di impresa (o detenere il controllo)".
Avvocato Saverio Bartoli, Firenze