Non vi sono dubbi sul fatto che le finalità del patto di famiglia possano essere realizzate combinandolo con un trust.
Occorre chiedersi, però, se e con quali modalità un negozio del genere sia assoggettato ad imposta di donazione.
L'occasione di affrontare tale questione è offerta da un paio di sentenze della Cassazione (una delle quali assai recente), che si sono pronunziate in tema di patto di famiglia in generale.
Facciamo un esempio.
Tizio, vedovo, ha due figli (Caio e Sempronio) ed è titolare di una partecipazione sociale pari al 90% della Alfa s.p.a., il cui valore è di euro 2.100.000.
Tizio, ormai anziano, ha individuato in Caio il soggetto idoneo a proseguire l'impresa di famiglia, ma intende differire nel tempo l'attribuzione in suo favore.
Egli pertanto, d'intesa coni figli, istituisce un trust combinato con un patto di famiglia (irrevocabile e di durata decennale), avente il seguente tenore:
Tizio trasferisce la partecipazione sociale al trustee Beta s.r.l.;
beneficiario di tale partecipazione sociale sarà, alla scadenza del trust, il figlio Caio;
contestualmente Caio versa al fratello Sempronio, onde liquidarne i diritti di legittima su detta partecipazione (cfr art.768-quater secondo comma cc), la somma di euro 700.000 (nel caso di specie, infatti, la legittima di Sempronio è pari ad 1/3 ed il valore di essa si calcola avuto riguardo a quello della partecipazione sociale assegnata a Caio);
il trustee, onde godere dell'esenzione da imposta di donazione di cui all'art.3 comma 4-ter del Decr. Lgs. 346 del 1990 (e sulla quale cfr, altresì, la Circolare 48/E del 6/8/2007, al paragrafo 5.2 e la Risoluzione 110/E del 23 aprile 2009), dichiara nell'atto istitutivo la sua volontà di proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenerne il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla stipula del medesimo.
Tale trasferimento, come afferma anche la Cassazione con riguardo al patto di famiglia in generale (cfr sentenze n°32823/2018 e n°29506/2020), costituisce una donazione dell'imprenditore all'assegnatario: esso inoltre, nell'esempio fatto, profitterà dell'esenzione da imposta di donazione prevista dall'art.3 comma 4-ter del Decr. Lgs. 346 del 1990.
Se non ricorrono i presupposti di tale esenzione, invece, la donazione in questione sconterà l'imposta dovuta al momento del trasferimento della partecipazione dal trustee al beneficiario finale Caio (secondo il più recente orientamento della Cassazione, infatti, è in tale momento, e non nel momento dell'istituzione del trust, che scatta il presupposto impositivo dato dal trasferimento di ricchezza).
Se dunque, al momento di tale trasferimento, il regime normativo fosse identico a quello oggi vigente, assumerebbero rilievo il rapporto di parentela (padre-figlio) fra disponente e beneficiario finale nonché la relativa franchigia di euro 1.000.000.
Le due sentenze della Cassazione citate in precedenza affermano che la donazione sub 1) è gravata per legge (cioè ex art.768-quater secondo comma cc) da un'obbligazione modale (detta anche "onere") che impone all'assegnatario di liquidare il non assegnatario.
Tanto premesso, la Cassazione ritiene applicabile a tale liquidazione l'art.58 primo comma T.U. succ. e don. (per il quale "1. Gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari").
Tale liquidazione, dunque, deve considerarsi fiscalmente come una donazione dell'imprenditore al non assegnatario.
La più recente delle due sentenze citate (cioè la n°29506/2020) precisa inoltre che essa non può mai profittare dell'esenzione da imposta di donazione prevista dall'art.3 comma 4-ter del Decr. Lgs. 346 del 1990, poiché non è prevista da tale norma - la quale menziona infatti solo la donazione sub 1) - ed essa, avendo natura di norma agevolativa, è di stretta interpretazione.
Secondo la prima delle due sentenze della Cassazione citate (cioè la n°32823/2018, oggetto di un nostro precedente approfondimento), l’imposta di donazione si calcola avuto riguardo al rapporto tra assegnatario e non assegnatario.
Ove si segua tale tesi, dunque, nell'esempio fatto la liquidazione dovrebbe tassarsi come donazione da fratello a fratello, con applicazione di una franchigia di soli euro 100.000 e di un’aliquota del 6% sull'eccedenza.
La sentenza più recente (cioè Cass.29506/2020) ha però, fortunatamente, mutato opinione, adottando una soluzione coerente con la premessa secondo la quale la liquidazione costituisce una donazione dell'imprenditore al non assegnatario: tale sentenza, infatti, afferma che l’imposta di donazione si calcola avuto riguardo al rapporto tra il disponente ed il non assegnatario.