Trust Liquidatorio: come Evitare ... di fare Autogol

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Trust Liquidatorio: come Evitare ... di fare Autogol

Alcune Considerazioni Operative Preliminari sul Trust Liquidatorio

La Cassazione da tempo ha statuito (cfr sentenza n°10105 del 2014) che una società di capitali ben può istituire un trust "liquidatorio" (cioè un trust avente ad oggetto beni sociali che il trustee dovrà alienare per poi distribuire il ricavato ai creditori nel rispetto della par condicio), a patto però che essa, al momento dell'istituzione del trust, non versi in stato d'insolvenza (in quest'ultimo caso, infatti, il trust dovrà ritenersi nullo perché mirante ad eludere la sottoposizione della società disponente ad una procedura concorsuale).

Cosa si può Fare per Evitare di Stipulare un Trust Liquidatorio “Inadatto” alla sua Funzione?

Anche in ipotesi del genere (in cui non vi è alcun intento fraudolento), però, vengono assai spesso trascurati almeno due aspetti:

  1. in primo luogo, non si tiene conto del fatto che l'istituzione del trust non può essere un'iniziativa unilaterale della società debitrice (la quale non può di certo imporre le proprie scelte a soggetti terzi), ma richiede il consenso di tutti i creditori che esso intenderebbe soddisfare (nella quasi totalità dei casi, infatti, il trust sorge addirittura a loro insaputa...);

  2. in secondo luogo, non si tiene il conto del fatto che, ove al trustee non vengano trasferiti i cespiti attivi, ma venga trasferito (come quasi sempre accade) tutto il patrimonio sociale (e dunque - pur se l'atto non si esprime in tali termini - l'azienda), si verificherà per legge l'accollo in capo al trustee (che ne risponderà in solido con la società disponente) dei debiti sociali risultanti dalle scritture contabili obbligatori (cfr art.2560 cc).

In entrambi i casi, pertanto, la società rischia di spendere il suo denaro per effettuare un'operazione inutile (che ricorda la famosa vicenda storica della "linea Maginot"), in quanto (senza - si badi - che sia necessario esperire azioni revocatorie):

  • nell'ipotesi sub a),basta che anche uno solo dei creditori dichiari che non intende rivestire il ruolo di beneficiario di tale trust perché lo scopo di quest'ultimo (cioè quello di attuare una liquidazione di tutti i creditori rispettosa della par condicio) divenga irrealizzabile (il trust, dunque, si deve ritenere sciolto per impossibilità sopravvenuta ed il creditore in questione ben potrebbe sia richiedere un sequestro conservativo sui beni in trust sia, ove sia già munito di titolo esecutivo, avviare l'esecuzione su di essi facendo accertare al giudice, in caso di opposizione all'esecuzione da parte del trustee, tale intervenuto scioglimento del trust);
  • nell'ipotesi sub b), il creditore in questione ben può (oltre che richiedere un sequestro conservativo sui beni in trust) agire contro il trustee (in quanto suo debitore ex art.2560 cc) per il recupero del suo credito per poi aggredire esecutivamente detti beni.

Lo conferma anche la Cassazione!

Una puntuale conferma di quest'ultima affermazione viene da una recente sentenza della Cassazione (la n°3128 del 10 febbraio del 2020), avente ad oggetto una vicenda in cui un creditore della società disponente Alfa s.r.l.(e precisamente Beta s.p.a., società di gestione del servizio di erogazione dell'acqua di un Comune lombardo) aveva ottenuto nei confronti del trustee di un trust liquidatorio concernente l'intero patrimonio della Alfa s.r.l. un decreto ingiuntivo per forniture d'acqua non pagate.

Tale sentenza ben evidenzia, infatti, che per effetto di quel trust il trustee era divenuto titolare dell'azienda sociale e che dunque egli, secondo l'art.2560 cc, era subentrato nei debiti della società disponente (nonché, più in generale e visto l'art.2558 cc, nel contratto di fornitura da essa stipulato in epoca precedente all'istituzione del trust). 

Per ulteriori approfondimenti su questi temi si veda il mio libro "Trust, negozi di destinazione e legge fallimentare".

 Avvocato Saverio Bartoli, Firenze

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