Per trust autodestinato s'intende quello in cui disponente e beneficiario sono il medesimo soggetto: ne discende dunque che in tali casi il trustee, alla fine del trust, dovrà trasferire i beni allo stesso disponente (e potrà trattarsi degli stessi beni originariamente conferiti nel trust ovvero, se l'atto istitutivo prevedeva che il trustee ne dovesse effettuare una gestione "dinamica", dei beni che nel corso del tempo hanno preso il posto di quelli originari).
Il trust autodestinato non va, dunque, confuso con il trust autodichiarato, che è quello in qui disponente e trustee sono il medesimo soggetto (e che ovviamente non può essere, altresì, autodestinato, perché vi sarebbe coincidenza fra creditore delle prestazioni del trustee e soggetto debitore delle stesse in quanto trustee).
Il disponente che fa ricorso ad un trust autodestinato deve di regola soddisfare esigenze di natura temporanea: è il caso, ad esempio, del trust con funzione di patto parasociale (rinviare ad un ns link se c'è) o del trust volto ad ovviare ad una temporanea situazione di conflitto d'interessi (in esso, infatti, il disponente si spoglia per un certo periodo dei beni la cui titolarità è fonte di un siffatto conflitto).
È proprio quest'ultimo tipo di trust autodestinato ad essere oggetto di una sentenza della CTR Lombardia Milano.
Tizio, avendo assunto un incarico professionale che, in virtù di apposita clausola contrattuale, gli vietava per tutta la durata del medesimo di essere titolare del pacchetto azionario della Alfa s.p.a., aveva istituito un trust autodestinato della durata corrispondente a quella del suddetto incarico.
L'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto il trasferimento tassabile con imposta di donazione e con aliquota dell'8%, facendo leva:
sulle note circolari n°48 del 2007 e n°3 del 2008, che prevedono:
l'applicazione di tale imposta immediatamente (e non al momento del trasferimento dei beni, alla cessazione del trust, dal trustee al beneficiario)
di aver riguardo, quanto all'aliquota da applicare, al rapporto di parentela fra disponente e beneficiario (pervenendo all'assura conclusione che, non potendo il disponente essere parente...di se stesso e non essendo dunque prevista tale ipotesi, l'aliquota da applicare doveva essere quella massima prevista per le donazioni "ad altri soggetti");
su talune pronunce della Cassazione (ad esempio le n°3735 e 3886 del 2015) che condividono la soluzione dell'applicazione immediata dell'imposta in quanto la legge prevederebbe una "nuova imposta sui vincoli di destinazione", da applicarsi dunque per il solo fatto che un trust viene istituito.
Il contribuente aveva presentato ricorso alla CTP, evidenziando quanto segue:
che le ragioni per le quali il trust era stato istituito erano tali che ad esso non poteva attribuirsi natura di atto liberale (sì che mancava il presupposto stesso per applicare l'imposta di donazione);
che ad ogni modo, come ormai afferma l'indirizzo della Cassazione che va consolidandosi, la valutazione della sussistenza o meno del presupposto impositivo proprio dell'imposta di donazione andava differita al momento in cui, alla fine del trust, i beni sarebbero stati trasferiti dal trustee al beneficiario.
La CTP aveva respinto il ricorso del contribuente, il quale proponeva pertanto appello alla CTR Lombardia Milano.
Quest'ultima, con sentenza del 9 luglio 2019, aveva finalmente accolto la tesi del contribuente, evidenziando che il trust oggetto di causa non aveva affatto natura di liberalità e che la tesi dell'Agenzia delle Entrate era, prima ancora che infondata, del tutto assurda, perché postulava che, nel caso di specie, mediante il trust il disponente avesse effettuato una "donazione a sé stesso".