Occorre premettere che il trust sconta l’imposta di donazione esclusivamente nel caso in cui esso attui una liberalità (esempio classico è quello del trust familiare).
Tale imposta, al contrario, non è dovuta qualora il trust sia istituito per altre finalità, per esempio per costituire una garanzia o per liquidare un cespite e soddisfare dei creditori.
La giurisprudenza di legittimità ormai afferma che l’imposta in esame è dovuta al momento dell’attribuzione dei beni ai beneficiari (e non al momento della stipula dell’atto istitutivo di trust, come sosteneva un suo precedente orientamento - che parrebbe ormai superato – e come continua a sostenere l’Agenzia delle Entrate).
Ne consegue che ogni valutazione concernente l’ammontare dell’imposta dovrà effettuarsi alla fine del trust ed alla luce del regime fiscale allora vigente.
Dopo questo cambio di orientamento, fra l’altro, non è chiaro quale sarà il destino fiscale dei trusts istituiti in precedenza, cioè nell’epoca in cui si tendeva ad applicare l’imposta al momento della stipula (clicca qui per un approfondimento sulle possibili strategie da adottare al riguardo).
Secondo il più recente orientamento della Cassazione (al momento disatteso, come al solito, dall’Agenzia delle Entrate), quando un trust ha ad oggetto beni immobili, il loro conferimento in trust sconta le imposte ipocatastali in misura fissa sia nel caso di trust con trasferimento dei beni ad un trustee (Cass. n.29642/2019) che in quello di trust autodichiarato e dunque fonte soltanto di un vincolo (Cass. n.32392/2019).
Anche tali imposte, dunque, dovranno essere pagate in misura proporzionale solo al momento dell’eventuale attribuzione dei beni in trust ai beneficiari finali.
Quando oggetto del fondo in trust è un immobile, è importante ricordare che le imposte sulla proprietà (IMU, TARI e così via) devono essere pagate, con il denaro in trust, dal Trustee (Cass. n.16550/2019) e non dal trust (il quale, infatti, è considerato dalla normativa fiscale un soggetto giuridico solo ai fini delle imposte dirette).
Non è raro, purtroppo, che tali imposte continuino ad essere pagate dal disponente (anche se costui non ricopre l’ufficio di trustee) o da altri soggetti legati a costui, il che espone al rischio che l’Agenzia delle Entrate disconosca l’esistenza del trust, ritenendolo fittiziamente interposto, cioè simulato.
Un altro importante tema è quello della possibilità per il trustee di richiedere agevolazioni prima casa qualora il beneficiario sia in possesso dei relativi requisiti.
In caso di trust opaco residente in Italia, cioè di trust nel quale il trustee discrezionalmente decide in ordine all’attribuzione ai beneficiari dei redditi prodotti dai beni in trust, tali redditi scontano l’IRES e tale imposta vede quale soggetto passivo il trust (cfr art.73 TUIR, nonché Circolari dell’Agenzia delle Entrate del 6 agosto 2007, n.48/E e del 1° agosto 2011, n.38/E).
In questo caso, infatti, a differenza di quanto detto in precedenza, il TUIR all’art.73 soggettivizza il trust prevedendo che: “[s]ono soggetti all'imposta sul reddito delle società: … c) … i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale … residenti nel territorio dello Stato”.
Diverso, invece, è il regime fiscale delle distribuzioni a beneficiari residenti in Italia da parte di un trust opaco residente all’estero, il quale è stato espressamente disciplianto in seguito alle modifiche apportate dall’articolo 13 del Decreto Legge n.124/2019 (convertito con modificazioni nella Legge n.157/2019) agli articoli 44 e 45 del TUIR.
Durante la vita del trust ben può accadere che più trustee si avvicendino nell’ufficio e ciò comporta il trasferimento dei beni in trust dal trustee uscente a quello subentrante.
In caso di immobili, tale trasferimento, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (al solito, disatteso dall’Agenzia delle Entrate), sconta le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, non costituendo una manifestazione di capacità contributiva ex articolo 53 Costituzione (cfr. Cass. n.975/2018).
Come si è accennato, l’Agenzia delle Entrate disattende i vari orientamenti della Corte di Cassazione che si sono in precedenza esposti, in particolare applicando:
l’imposta di donazione al momento della stipula del trust;
l’imposta donazione anche a trust che evidentemente non costituiscono una liberalità (come ad esempio i trust liquidatori);
l’imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale al momento del conferimento del bene in trust (e talvolta anche in caso di trust autodichiarati, nei quali non si verifica alcun trasferimento dei beni dal disponente al trustee);
l’imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale nel caso di trasferimento dei beni dal trustee uscente al trustee subentrante.
In tutti questi casi, purtroppo, l’unica strada percorribile appare quella dell’avvio del contenzioso tributario, con prospettive di esito positivo che appaiono oggi – fortunatamente – ben maggiori che in passato.
Avvocato Saverio Bartoli, Firenze