Trust Autodichiarato: è Ammissibile?

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Trust Autodichiarato: è Ammissibile?

Un Approfondimento sul Trust Autodichiarato e sul Contenuto del suo Atto Istitutivo

Il trust autodichiarato esercita una forte attrattiva perché il disponente, assumendo altresì il ruolo di trustee e limitandosi, dunque, a creare un vincolo di destinazione sui propri beni, evita di doverli trasferire ad un terzo.

Occorre però tener in debito conto il fatto che, se tale tipologia di trust è pacificamente ammessa negli ordinamenti di common law, non altrettanto può affermarsi con riguardo al nostro ordinamento.

La tesi contraria alla validità trust autodichiarato fa essenzialmente leva sugli argomenti che seguono:

  1. sul fatto che la nozione di trust adottata dall’art. 2 paragrafo primo della Convenzione de L'Aja (secondo il quale "...per trust s'intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente... qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine specifico") postulerebbe che disponente e trustee siano soggetti diversi;

  2. in stretta correlazione con quanto esposto sub a), sul fatto che il trust autodichiarato non causerebbe mai la perdita del controllo sui beni destinati da parte del disponente e dunque sarebbe sempre affetto da nullità per simulazione in quanto sham trust;

  3. sul fatto che, dovendosi applicare l’art. 2645-ter c.c. non solo all’atto di destinazione, ma anche al trust, e vietando tale norma la mera costituzione di un vincolo di destinazione non accompagnata dal trasferimento dei beni ad un terzo gestore, risulterebbero vietati sia l’atto di destinazione che il trust autodichiarati;

  4. con limitato riferimento al caso in cui con il trust autodichiarato si intenda perseguire il soddisfacimento di esigenze familiari, sul fatto che si dovrebbe utilizzare lo strumento del fondo patrimoniale (previsto dagli artt.167 e segg. cc), poiché l’impiego del trust sarebbe precluso laddove già esista nel nostro ordinamento, per soddisfare i medesimi interessi, un istituto espressamente previsto dal legislatore.

La tesi, invece, favorevole alla validità del trust autodichiarato afferma quanto segue:

  1. che la nozione di trust contenuta nell'art.2 paragrafo primo della Convenzione è assai ampia, dato che la norma si limita ad esigere che il trustee abbia il “controllo” sui beni (senza cioè richiedere che vi sia anche un “trasferimento” di beni a costui), essendo così sufficiente che essi siano posti “sotto il controllo” di un soggetto che ricopra l'ufficio di trustee, poco importa se trattasi dello stesso disponente o di un terzo; 

  2. in stretta correlazione con quanto esposto sub a), che la natura autodichiarata di un trust non può condurre alla sua automatica qualificazione in termini di sham trust, potendosi addivenire ad una conclusione siffatta soltanto laddove, previa analisi del singolo caso concreto, si possa affermare che il disponente ha conservato il controllo dei beni in trust;

  3. che la tesi dell’applicabilità anche al trust dell’art. 2645-ter c.c. è tutt’altro che pacifica e che, anche a volerla condividere, detta norma non vieta affatto la creazione di un vincolo di destinazione autodichiarato;

  4. che l'argomento sub d) formulato dalla tesi contraria al trust autodichiarato deve ritenersi infondato, poiché non tiene alcun conto delle notevoli differenze di disciplina esistenti fra il trust ed il fondo patrimoniale e, dunque, del fatto che trattasi in realtà di istituti alternativi;

  5. che l’art. 2929-bis c.c., il quale introduce un rimedio alternativo all’azione revocatoria nei confronti di atti costitutivi di “vincoli d’indisponibilità”, intende con ciò riferirsi (come risulta dalla Relazione di accompagnamento alla legge che ha introdotto detta norma) anche al trust autodichiarato.

Per concludere, dunque, appare preferibile ritenere che il trust autodichiarato sia ammissibile, a patto però che:

  • l'atto istitutivo del trust autodichiarato venga strutturato in modo tale da impedire al disponente-trustee di gestire a suo piacimento i beni in trust (ad esempio perché vi è un guardiano non legato al disponente da alcun vincolo personale e/o di interesse, nonché titolare di penetranti poteri di controllo sul suo operato); 

  • la concreta operatività del trust sia pienamente conforme a tali previsioni negoziali (sarebbe infatti del tutto inutile strutturare in modo corretto il trust se poi, in concreto, il ruolo del guardiano è meramente simbolico perché egli si conforma sistematicamente alla volontà del disponente-trustee).

Focus: il Trust Autodichiarato non è automaticamente uno Sham Trust

Si può, così, affermare che la coincidenza fra soggetto disponente e soggetto trustee è requisito non necessario né sufficiente per la sussistenza di uno sham trust, in quanto: 

  • vi può essere sham trust anche se il trust non è autodichiarato, essendovi stato un trasferimento dei beni ad un trustee diverso dal disponente che segue pedissequamente le istruzioni via via impartitegli da quest'ultimo; 

  • la natura autodichiarata del trust non basta, di per sé, a farlo dichiarare sham, ben potendo esso operare correttamente.

Inutile ricordare, infine, che l'eventuale nullità del trust sotto il profilo esaminato avrebbe conseguenze rovinose per il disponente dal punto di vista sia fiscale (il trust, infatti, verrebbe disconosciuto dall'Agenzia delle Entrate) che civile (i beni in trust - com'è già accaduto in alcune vicende giudiziarie - sarebbero infatti immediatamente pignorabili e sequestrabili dai creditori del disponente, senza che essi debbano previamente avvalersi di un'azione revocatoria).

Avv.Saverio Bartoli, Firenze

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