L’atto di destinazione autodichiarato è il modo più semplice di istituire un atto di destinazione ex art.2645-ter cc.
In esso, infatti, il disponente non trasferisce i beni ad un terzo gestore, ma si limita ad imporvi un vincolo di destinazione.
Il principale vantaggio risiede nel fatto che lo stesso soggetto disponente potrà gestire i beni destinati e, al tempo stesso, profittare del meccanismo di protezione patrimoniale prodotto dall’atto. È opportuno tuttavia precisare che, pur se i beni rimangono nella materiale disponibilità del disponente-gestore, egli dovrà comunque gestirli conformemente a quanto previsto nell’atto istitutivo; in ogni caso, inoltre, è auspicabile la nomina di un guardiano che abbia seri e precisi poteri di controllo sull’operato del gestore.
L'atto di destinazione autodichiarato, inoltre, appare particolarmente adatto qualora sia istituito in favore di soggetti deboli, quali, per esempio i disabili gravi (si badi che, per incentivare il ricorso a questo negozio destinatorio in favore di tali soggetti, la legge 112/2016, detta anche legge sul “Dopo di Noi”, ha previsto numerose agevolazioni fiscali).
Il genitore del disabile grave può così istituire un atto di destinazione autodichiarato e di fatto continuare a gestire i beni nel modo che egli ritiene migliore nell’interesse del figlio, ma con la possibilità di proiettare tale gestione anche nel futuro e, al tempo stesso, proteggere tali beni dalle proprie vicende personali.
Pare opportuno altresì precisare che, stante il tenore letterale dell’art.2645-ter cc, potranno costituire oggetto della destinazione solamente immobili o beni mobili registrati.
Avvocato Saverio Bartoli, Firenze